
PROFESSIONE “INFLUENCER”: PESI E MISURE DELL’APPARENZA
PROFESSIONE “INFLUENCER”: PESI E MISURE DELL’APPARENZA
Tra le invenzioni di questo millennio senza dubbio quella dell’”influencer” merita una posto nell’Olimpo delle professioni cult. Perché? Direi che questa mia personale considerazione non afferisce tanto all’inedito profilo, visto che mode e modi nel corso del tempo hanno avuto sempre qualcuno/qualcuna che per carisma, potere, importanza e obiettivi li sponsorizzasse, quanto all’ampio ventaglio di argomenti promossi da un personaggio qualsiasi. Ora il qualsiasi potrebbe risultare una lesa maestà verso coloro i quali si adoperano affinché, soprattutto in tempi social, una foto, un post, un prodotto oppure un servizio riscuota successo o venga cassato dall’opinione pubblica. In realtà, molti “influencer” o presunti tali erano perfetti sconosciuti prima di aver promosso la borsa di tal dei tali, l’automobile di pinco pallo o l’abito di vattelapesca. Che poi, diciamocela tutta, da postare foto su Istagram, trascinandosi gente per un tempo sufficiente a diventare qualcuno (che vuol dire diventare qualcuno oggi?) a tenere lectio magistralis in università per raccontare la propria esperienza imprenditoriale (certo si diventa anche imprenditori), il passo è veramente breve. Ai giornalisti ed esperti di settore, di recente, si sono aggiunti i VeryImportant People, altra categoria in grado di condizionare abitudini, comportamenti e pensieri. Su questo aspetto e visti i tempi io ci andrei veramente cauta, perché o li becchiamo tutti senza pensiero o con pensieri privi di sostanza o in realtà sul fronte intellettivo devono ancora esperirsi parecchio per poter condizionare. Esempi che hanno più danneggiato che agevolato i costumi degli italiani sono frequenti, così come frequenti sono stati i modelli negativi diffusi peraltro attraverso temi apparentemente futili e inconsapevolmente subdoli. Quante ragazze hanno smesso di mangiare per seguire esempi di donne eteree e filiformi che in realtà calcavano solo passerelle per indossare abiti fuori portata di chiunque? Quanti ragazzi si sono fatti impunturare con chiodi, punesse e affini, nemmeno fossero rappresentanti di Leroy e Merlin in piena stagione bricolage, rischiando infezioni molto pericolose? E potrei continuare a lungo.
E’ evidente che in ogni caso l’importanza ed il peso del messaggio che si vuole trasferire è scevro da qualsiasi responsabilità nei confronti di chi lo riceve e delle conseguenze che può determinare. Ecco perché leggendo di recente sui numeri del successo, ovvero sulle dimensioni definitive che una donna o uomo deve possedere per disporre di quelle carte che aprono al prestigio internazionale le mie perplessità superano il buon senso. Donne…..è arrivata la misura magica, l’altezza perfetta per cominciare il percorso verso le stelle della celebrità! Centosessantatre centimetri di lunghezza (per i maschietti 165 cm) e tutte le porte, comprese quelle che non siete mai riuscite ad aprire (ma era questione di serratura, state tranquille), si spalancheranno d’incanto. Ora, d’istinto e senza un filo di ragionevolezza, a questa notizia pubblicata nelle pagine di moda di un settimanale femminile di grande rilevanza nazionale e che viene letto da un target medio-alto di persone, da utente mi sentirei offesa in termini generali senza formalizzarmi nemmeno sul sesso femminile. E’ una offesa all’umanità. Poi in successione, mi chiedo se chi scrive questa robaccia si rende minimamente conto che lavora sull’ambizione, giusta o errata, di milioni di ragazzine, ragazze, donne (e anche uomini) che credono davvero di poter affidare all’altezza la soluzione di un problema che per molte è vissuto come tale. Se quindi quelle cresciute ad omogeneizzati ed esplose a 12 anni sfiorando il metro e sessanta forse pensano che con qualche seduta di stretching i tre centimetri siano alla portata, le altre più ormoniche e ferme all’altezza del tavolo della cucina si sentono già fallite e senza speranze. Game over per le over centosettanta (io sono fallita senza speranza con il mio centosettantotto) che hanno già contattato lo psicanalista per la prima seduta utile. Non è così assurdo se ci pensate bene, come non è assurdo che queste informazioni vengano divulgate tra le stesse ragazze autrici del “caso” ogni volta che qualcuno pontifica su una misura. Si passa dall’androgino alle curvy con una velocità che nemmeno la migliore delle diete potrebbe garantire, eppure c’è chi applica questo tira e molla pur di rispondere a dei canoni precisi. Quali? Ma non certo quelli della bellezza o del successo legato ad un aspetto più o meno in linea con le richieste della società moderna. Il problema è sempre e solo quello del sentirsi accettati, la paura di essere rifiutati perché inadatti alle caratteristiche di uno specifico gruppo, di un determinato ambiente che è quello che si frequenta o al quale si ambisce. Se prima quindi era un oggetto, il famoso status symbol a fare la differenza e a decretare il pass di accesso, ora si è passati a qualcosa di più difficile da ottenere praticamente perché per fortuna, se si può ancora dimagrire o ingrassare, l’altezza non si può programmare. E mentre la società spinge verso modelli inarrivabili e ha schierato veri e propri killer per lavorare sulle nostre menti nessuno finora ha lanciato la misura del cervello come chiave del successo…ma si sa, se pesasse in funzione del valore dei pensieri tutti i modelli salterebbero come chi lavora per impedire di pensare. Meditate, gente, meditate. DI TERESA LETTIERI IL 18/03/2017