
PER UN PUGNO DI CHILOMETRI
PER UN PUGNO DI CHILOMETRI
Viaggiare in Basilicata obiettivamente è difficile. Le interruzioni rappresentano la regola e quei pochi tratti percorribili sono allestiti come i Giochi senza Frontiere di Ettore Andenna. In compenso il paesaggio ameno che si offre ai viaggiatori placa l’anima e restituisce pace al cuore, fosse solo per gli uliveti che si stagliano a destra e a manca, interrotta dallo scorrazzare degli autotreni e degli autobus, che ormai hanno colonizzato il percorso conoscendone da circa dieci anni ogni fosso, depressione e interruzione, con grossi pericoli per tutti. Per i novelli autisti, invece, l’imprecazione affiora ogni due metri trattandosi di un vero e proprio tratturo, spezzato da interpoderali nascoste da dossi che spesso introducono alla viabilità i trattori degli indigeni, altra grande criticità. Sembra che le comunicazioni trovino maggiore consenso negli attrattori di recente istituzione, dal volo dell’Angelo delle dolomiti al Ponte tibetano di Sasso di Castalda.
Non è escluso che se qualche movimento franoso dovesse impossessarsi dei tragitti che conducono alle due attrazioni, una possibile soluzione potrebbe ricercarsi in questi trasferimenti che nulla hanno da invidiare a quelli su gomma. Sul fronte ferroviario, il Freccia Rossa ha in parte lenito le difficoltà nei trasferimenti verso il Nord Italia penalizzando, tuttavia, chi per motivi di lavoro ha la necessità di raggiungere alcune sedi in orario consono all’obiettivo: anche nella migliore delle ipotesi, a mezzogiorno gran parte delle attività sono abbondantemente avviate. Si ritorna cosi alla prima corsa utile, delle 5.40 servita dall’autobus che scarrozza i pendolari per boschi e per contrade. Posso considerarmi una utente affezionata di entrambi i servizi che spesso, e non è un dato da sottovalutare, si arricchisce anche dell’intrattenimento a bordo, forse per rendere più goliardica la gita piuttosto difficile. A questo, modestamente, ci hanno pensato i lucani che, checché se ne dica, il bicchiere lo vedono sempre mezzo pieno pure quando il fondo è completamente asciutto, sarà questa la nostra filosofia che ci rende ormai come muri di gomma a qualsiasi avversità, a meno di qualche latrato lanciato pure per animare la stampa locale. Quando la puntualità rispetto all’orario di partenza viene meno, il lucano ha sempre un piano B in tasca: il numero dell’autista, probabilmente estorto durante i dialoghi imbastiti nelle lunghe ore di trasferimento con la scusa “tante volte dovesse servire”. E l’occasione precipua si presenta immancabilmente per chi ha difficoltà con la precisione. Alla puntuale partenza del veicolo dalla stazione superiore del capoluogo, direzione Salerno, per l’accesso al Freccia Rossa, il lucano ritardatario comincia la catena di telefonate al conducente, che Sant’Antonio sarebbe capace di spogliarsi anche del saio e menarlo con il cordiglio pur di mettere fine alla fitta rete di corrispondenza telefonica, con la preghiera di farsi attendere in qualsiasi posto possibile. La richiesta di poterlo aspettare lungo il tragitto si trasforma ben presto in pretesa e la frequenza degli squilli sembra confermare il tono di ciò che si consumerà da li a circa quaranta minuti. Se quella corsa fosse stata scelta per raccontare chilometro per chilometro, con annesse coordinate satellitari, tutto il vissuto di un viaggionon ci sarebbe stata migliore combinazione tra autista, pellegrino in ritardo e viaggiatori spettatori. Da spostamento a gita il passo è davvero impercettibile, ma da gita ad inseguimento nel far west bisogna davvero sforzarsi di poterci capitare sebbene non manchi alcuna condizione perché si verifichi. Il deserto c’è, le strade polverose pure, qualche anima anche, Ciak si gira! L’alternanza tra le conversazioni telefoniche e le proteste del conducente, che per quanto comprensivo, negava la possibilità di aspettare e le soste improvvise e fuori programma, puntualmente smentite da un presunto inseguitore, ha preso il sopravvento sulla colonna sonora del tema spaghetti western. Questa tarantella, che ha raggiunto l’apice lungo il percorso tratturale dove il recupero sarebbe stato complicato dalle oggettive condizioni stradali, si è conclusa in una piazzola di sosta vero Buccino. È presumibile che al lampeggiare insistente di una macchina che trasferiva il ritardatario, l’autista si sia accostato per accogliere colui che con un salto da manuale sui tre gradini del mezzo e trolley a seguito ha esordito scusandosi con tutti e con una nonchalance da Arsenio Lupin sul primo transfert a disposizione per sfuggire alla cattura. Ovviamente, la freddezza dei passeggeri non si è sciolta al termine della gimcana e ha alitato senza reazioni verbali fino all’arrivo a Salerno dove il capotreno del Frecciarossa collegato al viaggio da Potenza è stato invitato a temporeggiare…causa traffico. Riflessione: è vero! E’ una regione mal amministrata e le falle sono visibili ovunque, da tempo e a qualsiasi livello. Le infrastrutture rappresentano oggettivamente un anello tanto fondamentale quanto indispensabile affinché un territorio sia collegato al resto del mondo. Ma se i cittadini considerano l’orario di partenza come un dato opzionale al quale sopperire in caso di ritardo con “tanto conosco l’autista, tengo (ripeto, tengo) il numero del suo cellulare” costringendolo a trattare il mezzo come il trenino dello zoo di Fasano, mi spiegate come si passa da Masseria a Paese civile?
DI TERESA LETTIERI IL 08/04/2017