
LE PAROLE SENZA ESEMPI SONO INUTILI
LE PAROLE SENZA ESEMPI SONO INUTILI
La cronaca del bullismo non molla le prime pagine e con toni sempre più drammatici racconta di accadimenti dove le vittime e carnefici sono in fin dei conti sempre vittime di un unico sistema. I fatti recenti parlano di genitori che non tacciono ad libitum i soprusi subìti dai figli ed usano i social per mostrare le conseguenze delle aggressioni, un sorta di atto coraggioso, un po’ come quelli visti contro i mafiosi che, tuttavia non pesano poco sulla psiche dei ragazzini oltraggiati, a detta dei neuropsichiatri infantili. E’ pur sempre una sorta di ribellione contro il famoso sistema, del quale siamo responsabili a partire dal piccolo nucleo che rappresentiamo, la famiglia. Nessuna relazione genitore-figlio è capace di garantire risultati positivi, sebbene ognuno di noi si impegni affinchè ciò si verifichi, gli esempi di figli degeneri da famiglie sane o di figli sani da famiglie scapestrate abbondano e questo perché quando il sistema di relazioni si arricchisce di livelli aggiuntivi è palese assistere a rimodulazioni, rigenerazioni, consolidamenti o indebolimenti. La famiglia passa da un sistema relazionale più semplice al centro di uno più ampio dove scuola, lavoro, amicizie, amori, affetti rappresentano i parametri di confronto-scontro sui quali costruire un nucleo solido (ma solido rispetto a cosa?). Le variabili sono molte, rapide e più o meno incisive a seconda di quanto questo confronto sia sostenuto dai valori che ognuno possiede o sia incrinato dalle influenze esterne, ragion per cui a volte la costruzione si complica per distruzioni, parziali o totali, cedimenti o lesioni. Il bullismo sta minando la solidità del sistema in quanto alimentato, e su questo non possiamo esonerarci dalle nostre responsabilità dirette, dall’assenza di quelle figure che in una età come quella infantile-adolescenziale rappresentano dei riferimenti…e i riferimenti probabilmente non sono sempre adeguati. Genitori ed insegnanti (e molte altre figure forse nemmeno tantosecondarie) non sono solo gli educatori in senso stretto, ma anche coloro i quali dovrebbero contribuire alla formazione dell’intelligenza emotiva dei fanciulli e ragazzi, quella componente che radica il valore dell’empatia verso il sé ed il prossimo. Si, perché quando le vessazioni spingono al tentato suicidio, spesso riuscendoci, l’empatia verso sé stessi risulta necessaria quanto indispensabile per riconoscere il valore della propria identità, affatto inferiore ad alcuno come invece vogliono far credere. Se, tuttavia, all’interno della famiglia e della scuola saltano i meccanismi emotivi più che quelli cognitivi risulta difficile arginare fenomeni come questi, diffusi ormai da tempo ed esercitati da ragazzetti che più che inveire verso i propri compagni dovrebbero occuparsi di giochi, cose e fatti adatti all’età che vivono. E’ cronaca recente che una insegnante sarda abbia diviso in asini e bravi alunni la sua classe costringendo i somari a guardare verso il muro durante la lezione e impedendo gli interventi ai medesimi con offese ed esclusioni. Se una educatrice demandata ad una missione così importante adopera metodi che sono il prototipo dell’anti-educazione, dell’anti-emozione, dell’anti-solidarietà (agli asini appartenevano anche due bambini disabili) , in due parole dell’anti-tutto, come può un ragazzino distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è? Se l’offesa e il sopruso verso un compagno di classe passa quale messaggio educativo come possiamo meravigliarci di bullismo e di cyberbullismo, raffinata evoluzione tecnologica di prepotenze virtuali e lesioni reali? Altro esempio proviene da una scuola di Cassino dove un ragazzino schernito da alcuni compagni di classe mentre entra in bagno viene sorpreso dalla spinta della porta dell’allegra brigata ed incautamente sporca il bagno sopportando una punizione severa dalla sua insegnante: la pulizia dell’accessorio accompagnato dal bidello con umiliazione dinanzi la scolaresca. La faccenda ancora oscura lascia comunque intravedere i margini di una pessima gestione delle relazioni tra ragazzi e tra ragazzi e adulti che soffrono dei limiti da addebitare alla scarsa sensibilità verso il prossimo tradotta nelle modalità feroci che sembrano colmare i vuoti di ognuno. L’insegnante sarda è stata allontanata dalla scuola e trasferita in un’altra località dietro l’accusa di “abuso di metodi di correzione” (che è quasi inverosimile) lasciando ancora una volta scoperta la voragine che questa persona porta con sé a danno, tuttavia, di bambini dei quali si professa insegnante. Mia madre usava dire che le parole se non sono seguite dall’esempio sono assolutamente inutili. Probabilmente, anzi sicuramente aveva ragione e credo che in questo caso la giustizia debba cominciare a dare esempi!
DI TERESA LETTIERI IL 22/03/2017