LAVARSI LA COSCIENZA CON LE APP
LAVARSI LA COSCIENZA CON LE APP
Il ricorso a strumenti che siano in grado di migliorare, agevolare e regolare la nostra vita di cittadini in questo bailamme di leggi inapplicate, di burocrazia cavillosa e gestione farraginosa (a tutti i livelli) sembra sia diventato più un sogno proibito che una possibile e concreta applicazione di ciò che in realtà già disponiamo.
Di recente, e nemmeno troppo, l’uso dell’App “democrazia partecipata” (per rimanere in tema di dispositivi di ultima generazione) pare rallegrare solo la collezione dei software a disposizione delle amministrazioni pubbliche e dei cittadini, tanto è raro l ‘uso di questo strumento, gestito adeguatamente e quasi sperimentalmente solo in alcune realtà italiane. Spesso, la si invoca quando i fallimenti in successione, che si tratti di scelte prescrittive o semplicemente di indirizzo, diventano numericamente significativi che la partecipazione cosiddetta “dal basso”diventa quasi un percorso obbligato per la realizzazione di progetti e piani fruibili e spendibili da parte della società civile.
La democrazia partecipata è un atto di responsabilità condivisa che presuppone innanzitutto la responsabilità del singolo e non la semplice comunione di persone che concorrono per un obiettivo comune. Se non vi è responsabilità soggettiva verso un dato obiettivo sarebbe come correre una maratona verso una meta comune ma con intenti soggettivi che in democrazia, perdipiù partecipata, non rappresentano il bene della collettività. Quindi il primo step consiste nel maturare una responsabilità personale verso un obiettivo collettivo e metterlo a sistema con altri e con le istituzioni interessate.
Non è democrazia partecipata, infatti, quella adottata fuori l’ambito della gestione istituzionale del bene. Sarebbe al contrario un atto di generosità e solidarietà verso qualcosa operata da cittadini che, nonostante il grande valore civico rappresentato, esula dai vincoli che legano l’amministrazione al cittadino. In democrazia la libera iniziativa va contestualizzata al rispetto di quelle regole, dei diritti e doveri che rendono uno stato degno di essere chiamato tale, per cui ambire ad uno strumento del genere significa puntare alla comunanza di intenti tra stato e cittadini. Il distinguo è fondamentale, sia per avere contezza di ciò che significhi democrazia,sia partecipazione, sia entrambe. I cittadini non devono sostituirsi alle istituzioni, delegittimando così il concetto di stato, tanto meno accettare una gestione estranea al rispetto della democrazia, che non è un concetto scontato e strettamente connesso alla istituzione che si professa tale.
Sempre più di frequente la democrazia lascia il posto a gestioni che poco hanno a vedere con essa in quanto piegata e modellata ad interessi personali sostenuti dalle logiche di partito diventati più ricettacolo di azionisti che trattano la cosa pubblica come società privata invece che come un ambito della collettività in cui tutti i cittadini si riconoscono come tali in termini di diritti e doveri. E’ vero che i costi di uno strumento del genere sono più elevati; è vero che richiede risorse ed investimenti maggiori rispetto alle logiche pregresse (e in atto) dove le decisioni non tengono conto di tutti quei fattori che “pesano” sulla realizzazione di un progetto ma vengono spalmate con criteri avulsi dal contesto rispondendo a criteri sostenuti dalla mancata conoscenza della realtà oggetto di pianificazione e programmazione.
Ma i costi di un fallimento sono inferiori? E i costi delle rimodulazioni infinite adottate per cercare di “cucire” un piano ad un contesto quanto e come incidono sul programmato? Ed in termini di benessere dei cittadini, perchè anche quello ha un costo, forse ancora maggiore visto che si compone di altri aspetti altrettanto importanti quanto quelli economici? Dunque, come tutte le App che si rispettino, dopo averle “scaricate” è necessario conoscerne i meccanismi di funzionamento che, almeno in questo caso, non sono racchiuse nel manuale d’uso allegato o nei livelli di accesso, ma solo ed esclusivamente nella nostra coscienza di cittadini “attivi” . Sembra più semplice, non siete d’accordo? APP!
DI TERESA LETTIERI IL 24/01/2017