
DALLA SVEZIA CON AMORE, I LATTE PAPPAS
DALLA SVEZIA CON AMORE, I LATTE PAPPAS
Li chiamano “latte pappas” e sono i papà che si occupano full time dei loro piccoli. Dove accade? Su nessuno dei sette pianeti simili alla Terra scoperti di recente. Affatto. Accade in Svezia, il paese europeo più all’avanguardia nell’uguaglianza di genere per quanto riguarda la crescita dei figli. Nella zona scandinava, infatti, si garantisce ai papà il congedo retribuito nei primi tre mesi di vita del figlio/a, sebbene molti lo prolunghino. E non è inusuale ritrovarli negli asili a comporre torri di costruzioni, oggetti in plastichina e disegnarsi il viso…mentre parlano in “mammese”. Lo riferiscono le titolari delle strutture per l ‘infanzia svedesi che frequentemente si trovano a dialogare più con i papà che con le mamme. La ricerca universitaria si è espressa abbondantemente nella valutazione dell’impatto della paternità sugli ormoni maschili e tra testosterone, ossitocina (coccole) e prolattina, pare che le scansioni cerebrali su padri dopo un mese dalla nascita e dopo quattro mesi dal lieto evento abbiano indicato aumento della materia grigia nelle aree dell’affettività e delle decisioni complesse. Se credete che le mamme abbiano giubilato per questo vi sbagliate. Sarà che appartenga alle corde delle donne tenere da ridire sempre e comunque ma, i risultati di una nota ricercatrice svedese sugli effetti dell’ossitocina le hanno indisposte come se la cura dei figli appartenesse per natura al genere femminile. Un padre impegnato con la progenie nelle prime fasi di vita, tuttavia, rileva un livello più basso di testosterone, aspetto che non entusiasmerebbe probabilmente nessun uomo, in compenso l ‘aumento di ossitocina innescato dalla cura, dal contatto affettivo e dalla condivisione di giochi e vocalizzi è garanzia di ritrovarsi figli adulti molto più vicini ai padri in un legame più intenso, oltre ad incidere sul comportamento, più calmo ed amichevole e propenso ai rapporti sociali. Dalle nostre parti si cominciano ad avvertire dei deboli segnali della partecipazione dei padri alla vita neonatale dei propri figli, peraltro poco sostenuta dalla regolamentazione italiana in merito. Il sito dell’Inps, recita interrogandolo alla voce congedi papà:
L’articolo 4, comma 24, lettera a) della legge 28 giugno 2012 n.92 istituisce un congedo obbligatorio (un giorno) e un congedo facoltativo, alternativo al congedo di maternità della madre (due giorni), fruibili dal padre, lavoratore dipendente, anche adottivo e affidatario, entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio.L’art.1, comma 205, della legge 28 dicembre 2015, n.208 (legge di stabilità 2016) dispone la proroga di tali congedi anche per l’anno 2016, aumentando il congedo obbligatorio del padre da uno a due giorni,
con una attenta disamina tra obbligatorio e facoltativo che comunque conferma quanto poco riconosciuta sia la presenza genitoriale nella cura del figlio a livello lavorativo. Se aggiungiamo che culturalmente, il nostro Paese non eccelle in questa profonda condivisione di ruoli, è presumibile ipotizzare che sarà più semplice scoprire nuove forme di vita su altri pianeti che assistere ai capitomboli dei papini nei nidi o a esibizioni da trasformista nelle scuole dell’infanzia. D’altro canto sarebbe interessante conoscere anche l ‘opinione della componente materna in questa ripartizione più o meno equa di compiti nella crescita dei figli considerato che le svedesi, già avvezze a questo modus e quindi avanguardiste, non hanno gradito gli effetti delle oscillazioni ormonali dei propri partner. Diciamo che le mamme italiane, ammesso e non concesso che siano in grado di mantenere il proprio posto di lavoro o a garantirselo anche in funzione di una futura maternità, al contrario delle nord-europee godono anche di minori servizi di assistenza in tal senso. A partire dalle strutture di accoglienza dei figli, raramente e pressochè nel privato si riscontrano asili nido annessi ai posti di lavoro delle mamme o facilmente fruibili per condizioni economiche e logistiche, che al contrario ricorrono al sostegno dei nonni per garantirsi una continuità lavorativa minata anche dagli inconvenienti dei primi anni di vita, tra vaccini, scarlattine (in revival) e tonsilliti. E questo solo per accennare alle complesse problematiche della maternità. Una collaborazione e condivisione della vita neonatale, quindi, sarebbe garanzia di maggiore serenità pratica ma anche affettiva visti gli effetti ormonali della paternità e sulla famiglia e sul rapporto figlio-padre. Benedetta ossitocina, ci verrebbe da dire, ma siamo sicuri che al padre italiano, la diminuzione del testosterone, per quanto compensata da bacini e carezze della prole sia veramente desiderata? Mentre aspettiamo leggi più morbide e adeguate alla famiglia, servizi più efficienti ed efficaci oltre che più numerosi, cominciamo a fare più figli e accontentiamoci dei papà al parco giochi la domenica con i passeggini. Diversamente, dovremo pensare …ai nonni!
DI TERESA LETTIERI IL 03/03/2017