
CARO ZUCKEMBERG
CARO ZUCKEMBERG
Leggo la lettera che la nostra Presidente della Camera (mai la chiamerò Presidenta) scrive a Zuckemberg in merito al ruolo di Facebook in quanto veicolo di odio nella rete. Sappiamo che la Boldrini si è spesa più volte sull’argomento, preoccupata di quanto livore ormai dilaghi nel linguaggio comune e quanto pericoloso sia allorché assume i connotati di puro odio, semmai nemmeno avvertito trattandosi di sconosciuti con i quali non si intrattiene alcun legame che possa giustificarne la presenza, ma manifestato per pura esternalità del sé, per “esserci” sempre e comunque, per omologarsi al “branco” in alcune occasioni e per molte altre ragioni. La stessa Boldrini di recente si era fatta interprete, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, di una selezione di oscenità pervenutele costantemente, cosi come ad altri personaggi pubblici, per divulgare e sensibilizzare sul tema dell’odio in rete. Mi sovviene il recente episodio della Argento con la Meloni, che scavalca la dimensione del comune cittadino intento a vituperare contro l’altro anche per una semplice stortura della sua giornata, e mette sotto i riflettori due “star” (sebbene una trascinata involontariamente ma tempestivamente pronta ad agganciarela risposta con le stesse modalità) che probabilmente di clamore non ne avrebbero bisogno per ruoli e mansioni. Mi fa pensare ai personaggi pubblici che sono alle “corde” per popolarità (e questo la dice lunga su ciò che sono capaci di realizzare nella loro vita privata e pubblica) se il passpartout della fama è rappresentato da un post social di questa fattura, e al tema del confronto che nella fattispecie richiamava alle morbidezze da neomamma della Meloni. Entrambe le cose, tuttavia, dànno il polso e fanno da cartina al tornasole del livello dei bisogni avvertiti dalla persona in questaetà della pietra contemporanea e della società che, a cascata, emula questi comportamenti sia perché provengono da personaggi di “riferimento” sia perché soddisfano altri bisogni. Certo, discutibile, rispetto ad alcuni accadimenti, è pure il modus operandi dello stesso social che,nei confronti delle denunce perpetuate da cittadini a conoscenzadelle attività di “gruppi chiusi” convertiti ormai in sette e degni di questa classificazione, oscura le vittime, non si capisce se per “confusione”di tasti o per continuare a produrre business foraggiando i medesimi gruppi fino ad un tempo limite. Ora Zuck (come lo chiamo ormai affettuosamente) ha proclamato che “su Facebook non c’è spazio per l’odio” ed ha sottoscritto a maggio 2016 con la commissione UE il codice di condotta contro “la diffusione dell’illecito incitamento all’odio in Europa” . Evidentemente, se questi sono i fatti, non sembra attentamente applicato sul social attraverso i giusti strumenti di privacy o limitazioni o diavolerie che riescano a controllare tali pratiche violente e a bloccarle tempestivamente prima che possano innescare altri meccanismi ancor più pericolosi (e ricordiamo la Cantone tra i tanti). Pur apprezzando l’iniziativa solerte della Istituzione che in nome del Presidente continua a sensibilizzare un tema così importante, mi chiedo se sia veramente lo strumento, in questo caso come in altri, a dover essere modificato pur ammettendo che qualsiasi piano, sistema, applicativo è sempre suscettibile di miglioramento e di aggiustamenti se può agevolare, diminuire, incentivare e migliorare. Mi chiedo se prima dello strumento non si debba lavorare su quelli che sono i disagi che conducono una persona verso l’utilizzo di una comunicazione, orami alla portata di chiunque e quindi di difficile controllo, che possono conferire “potenza” all’odio più che all’amore, al livore più che alla generosità. Se è palese che la società sia stata dirottata verso forme di “autodistruzione” affettiva, manipolate o meno, per rendere l’individuo più recettivo alla violenza e quindi in grado di utilizzarla perchè più immediata ed efficace nella rosa di scelte disponibili, ritengo che eventuali strategie debbano puntare sulla “riabilitazione” dei nostri sentimenti, della nostra sfera emotiva dove gli equilibri, come in qualsiasi sistema naturale si sono spostati nella direzione contraria alla sopravvivenza di qualsiasi sistema sociale. L’auspicio sarebbe, quindi, che la Boldrini si facesse carico della sensibilizzazione istituzionale dei dicasteri coinvolti sul tema della giustizia e delle politiche sociali e per la persona verso un obiettivo comune che oltre a divulgare la cultura del “non odio” praticasse innanzitutto la cultura del sociale coniugato in tutte le possibili forme, perché a me sembra che a noi cittadini sfugga innanzitutto il senso del vivere “insieme”, il senso di comunità, di aggregazione che è primordiale e non di recente invenzione. In fondo, a Sanremo, ha vinto una “scimmia”!
DI TERESA LETTIERI IL 14/02/2017