BACHA-BAZI
BACHA-BAZI
La parola “tradizione” evoca quasi naturalmente a quelle pratiche, attività, modi di dire e di fare che identificano un territorio, un’area o una sputacchia di pochi metri quadrati purchè abitata dall’uomo. E’ l’uomo che genera consuetudini che lo rendono partecipe e appartenente ad un luogo, è l uomo che costruisce il patrimonio culturale della sua comunità e quindi della terra che vive. Quando leggo, quindi, di infibulazione, di spose bambine, spacciate come tradizione e cultura di un paese, sinceramente, trasalire è una reazione anche sottodimensionata rispetto all’accadimento in sé. E lo dico soprattutto in relazione al fatto che in queste letture è “tradizione” ritrovare tutte le associazioni, organizzazioni, istituzioni pro diritti dell’uomo e dei bambini,allineate consapevolmente o inconsapevolmente,a ricordare questi diritti. Mi rendo conto che combattere posizioni arroccate da secoli su aspetti inerenti questioni del genere sia molto più che drammatico e quasi impossibile. Probabilmente molto è stato fatto e la contezza dei progressi conseguiti appare una goccia rispetto all’immensità del dolore connesso alle atrocità. Tuttavia, scoprendo l’esistenza dei bacha-bazi credo fermamente di cominciare a dubitare sia della natura umana sia dei sistemi che costruisce per tutelare/rsi. I bacha-bazi, tradizione del popolo afgano di memoria secolare, sono maschi in tenera età che,a causa delle condizioni misere della famiglia, vengono venduti a potenti del posto per allietarne, fino alla maggiore età, le noiose giornate. “Bambini per gioco”costretti a cambiare identità per vestire abiti femminili, cantare e ballare con tanto di campanelli ai polsi e alle caviglie per finire violentati alla fine della performance. Ovviamente, a questo abuso eufemistico nulla e nessuno si oppone dato il potere di questi personaggi, nemmeno la legge che chiude un occhio pur trattandosi di una violazione dell’ordinamento giudiziario afgano contraria a tutte le norme della convenzione sui diritti dell’infanzia e adolescenza. Non è migliore la vita dopo il superamento dei diciotto anni: sono ragazzi segnati dall’esperienza che possono, essendo riconoscibili, continuare solo a subìre abusi da altri uomini e, in caso di ribellione, anche l ‘accusa per omosessualità. Probabilmente la natura e la gravità di un danno psicologico è inimmaginabile, oltre al disagio dell’ emarginazione non potendo rivestire alcun ruolo all’interno della società se non quello che lo etichetta con un marchio a fuoco. La perdita di identità non è quindi solo di natura sessuale, visto che già nei primi anni di vita essere maschio e comportarsi da femmina rappresenta lo status con il quale confrontarsi continuamente, ma anche psicologica e sociale che aggrava un quadro obiettivamente di una crudeltà disarmante. E ritorno ai mie dubbi sulla natura dell’uomo e alle fandonie sulla tradizione di un paese che viene tramandata pedissequamente a dispetto non di un diritto che latita, ma a dispetto dell’assenza di sensibilità, di affettività, di rispetto e di tutte quelle componenti che rendono l’uomo degno di essere definito tale. Legittimato da una consuetudine che azzera l’esistenza, la maternità, l’istinto di protezione della famiglia verso il proprio figlio e che esplode in tutta la sua drammaticità il desiderio di possesso a scapito della dignità non solo di chi è vittima ma anche di sé stesso. E’ un cervello primordiale quello che muove il potere e non il sentimento? E’ un cervello regredito che tra le possibili scelte ha privilegiato quella più semplice? E’ un cervello che ha dismesso le sue funzione emotive lasciando spazio solo alle aberrazioni del cognitivo? E’ un cervello di vizi e malcostume? Non saprei rispondere quale percorso l’uomo sta tracciando perché a fronte di quella che vogliamo spacciare per arretratezza di un popolo rispondono abilità di altra natura fatte di affarismo e gestione manageriale di ricchezze che una mente basica non riuscirebbe a realizzare. Certo è che su questo percorso, delle scelte sono state operate a vantaggio della bramosìa di successo, notorietà, potere che lasciano sempre meno spazio alla affermazione, in uguale misura, della dignità dell’uomo. Un uomo, per giunta di potere, che oltraggia un bambino è arrivato alla saturazione del desiderio per inventarsi una deviazione del suo istinto naturale che si adopera per la protezione (e non per la soppressione) di una giovane vita. E un uomo che delinque, perché questo è un reato oltre che una orrida dissacrazione dello stesso uomo, per desiderio credo che non possa più annoverarsi in questo regno, ma scendere solo agli inferi.
DI TERESA LETTIERI IL 24/02/2017