IL LAVORO NARRATO
IL LAVORO NARRATO
Raccontare il lavoro. Se ci pensiamo, ogni giorno raccontiamo quello che facciamo. Lo raccontiamo con il nostro fare, con l’abitudine, con ciò che produciamo, con i risultati e i fallimenti. In un’epoca dove il lavoro è diventato un privilegio, pur rappresentando il valore indispensabile sul quale ogni uomo costruisce la propria esistenza e quindi un diritto innegabile, anche la sua narrazione diventa quasi un momento esclusivo, perché chi ha da raccontare sa che può farlo. Decidere di raccontarlo, tuttavia, pur rappresentando un momento di condivisione che aggrega intorno ad una esperienza, unisce rispetto ad un diritto, sottolinea un altro punto di vista,la necessità di rinnovare dentro di noi quei valori che ne rappresentano il vero significato e dei quali non bisognerebbe dubitare. Identità, responsabilità, etica, professionalità, sembrano a volte vacillare rispetto alle difficoltà che quotidianamente si incontrano e il lavoro diventa unicamente il modo attraverso il quale sopravvivere. Raccontarlo può diventare una opportunità per mettere a sistema le esperienze
personali attraverso la condivisione di percorsi dove si è riusciti o si tenta di superare l’ostacolo della precarietà, dell’incertezza ripassando insieme i valori essenziali che animano l’ attività lavorativa di ognuno. Il 28 aprile, per il quarto anno consecutivo, donne e uomini di ogni età si sono dati appuntamento in tutti quei luoghi che hanno deciso di aderire ad una fantastica esperienza chiamata “Notte del lavoro narrato”, da una idea di Vincenzo Moretti, sociologo, e Alessio Strazzullo, giornalista. L’Italia che lavora ha percorso un pezzo di strada insieme fermandosi a raccontare di passioni, di creatività, di difficoltà, di buone pratiche da seguire affinché un lavoro risulti innanzitutto ben fatto. A Potenza, una delle iniziative si è svolta presso la 3D Art Revolution, un laboratorio di persone, idee, innovazioni, come amano definirsi, impegnato nella progettazione e modellazione dello stampaggio 3D. Una lunga maratona cominciata al mattino presso alcune scuole dove i bambini hanno affrontato il tema del lavoro coniugandolo in diversi modi, passando dal sogno al diritto del lavoro sancito dalla Costituzione attraverso elaborati presentati nell’evento serale. Se l’obiettivo era evidentemente cominciare a seminare, sin dall’età scolare, i valori e i principi che rendono un lavoro, qualunque esso sia, dignitoso e rispettoso, il contributo offerto dalle testimonianze di coloro i quali vivono il proprio lavoro con ciò che lo rende meritevole del “ben fatto” ha segnato il passaggio da ciò che un lavoro potrebbe essere e ciò che è realmente.Si è narrato, cantato, suonato di lavoro come strumento di libertà, come opportunità per creare dal nulla disponendo di una semplice idea, di disabilità e di reciprocità per continuare a lavorare, di creatività per inventarsi una possibilità. Narrarlo, quindi per due motivi. Prima di tutto perché la narrazione negli ultimi tempi ha riacquistato quell’importanza che aveva nell’antichità quando non vi erano altre possibilità di tramandare le cose importanti di un popolo, quando non vi erano storage in cui conservare traccia delle cose, né social ad amplificare e polverizzare quel che accadeva. Raccontare era il modo di coinvolgere tutti attorno all’idea di quello che “era giusto fare”. E in secondo luogo perché attraverso la condivisione e la metaforizzazione delle esperienze, la parola “lavoro” ha acquisito maggiore profondità e senso, sia considerata in sé che come aperitivo della giornata odierna. Diversissime le esperienze raccontare da 3D Art, opportunamente diversificate, come variegato è diventato oggi un mondo nel quale i soggetti spesso un lavoro devono letteralmente inventarselo. Una serata che ha celebrato pertanto non soltanto il lavoro tradizionale dell’impresa (economica, sociale, culturale), ma anche l’importanza fondamentale del ruolo del singolo che, passando attraverso una forte presa di coscienza, libera se stesso e ritrova quella dignità alla persona che solo la sua attività può conferirgli. E recupera,in tal modo,anche il suo ruolo che è quello di sentirsi adeguato , utile, necessario. Una delle frasi mantra della serata è stata infatti: “essere vivi vuol dire avere uno scopo”. Fare un lavoro significa, soprattutto, aver capito quale sia questo scopo che restituisce spessore e decoro al nostro cammino.
DI TERESA LETTIERI IL 02/05/2017
