UN PUPONE … PER SPALLETTI!
E anche per Francesco Totti è arrivato il giorno degli scarpini da appendere al chiodo. Almeno per quanto riguarda la sua militanza nel calcio professionistico, nella Roma, una sola maglietta per ventotto anni circa, un solo colore. Magari si riuscisse ad essere fedeli quanto lo è stato lui con la sua società sportiva, quella che l’ha reso uomo oltre che giocatore nonché campione. All’Olimpico il suo commiato ha emozionato un po’ tutti, tifosi e non, tutti con i lacrimoni agli occhi mentre “Er Pupone” leggeva la sua lettera di addio dove, a suo modo, ha raccontato il percorso non solo calcistico ma di vita, costruita tra gli spogliatoi, le prime partite, le coppe vinte e perse, i compagni di squadra, i mondiali, la famiglia.
Come non percepire quanto fosse difficile leggere quelle parole che avrà pensato molte volte nell’illusione di non arrivare a pronunciarle, come se questo giorno appartenesse alla vita di un altro. Non sono una tifosa ma non è necessario esserlo per apprezzare chi è stato comunque un campione non solo per sè stesso ma per l’Italia tutta, alla stregua di molti altri di cui il nostro Paese dovrebbe andare fiero. Nonostante possa capitare a tutti di non essere perfettamente corretti durante una competizione così come molti, non si capisce bene per quale motivo considerata l’occasione, hanno ricordato a proposito di alcune performance del calciatore da prendere non proprio come esempio. Oppure di sottolineare il recente ingaggio come testimonial al gioco del 10 e Lotto che, a detta sempre dei moralisti dell’ultima ora, non lo renderebbe encomiabile come uomo ma solo come campione. Lasciamo per un attimo l’aspetto della ludopatia che, nonostante sia un serio problema come tutte le dipendenze, trova in Italia sempre un folto gruppo di contestatori alla bisogna devoti più alle arringhe da palcoscenico che al problema, e ignoriamo anche che il Capitano si sia speso per nobili intenti come le donazioni all’ospedale Bambin Gesù, l’acquisto di macchinari per il reparto di ematologia dell’ospedale di Pescara deciso durante una trasmissione in cui doveva solo promuovere l’iniziativa, varie ed eventuali. Tutta robaccia da mettere da parte non rappresentando curriculum, perché modestamente da italiani sappiamo bene quali sono i requisiti che fanno un campione nello sport e nella vita, ma scherziamo. Noi che siamo abili allestitori di tribunali da piazza potevamo mai lasciar passare un commiato costellato da successi senza invocare un “fermi tutti! Siete sicuri che sia davvero così?”
Come quelli che davanti alla nave di San Gerardo protettore di Potenza non perdono occasione per evocare alla discutibile gestione della città come se non bastassero i 364 giorni a disposizione, o ancora quelli che lamentano una festa patronale che non sanno nemmeno loro come deve essere però contestano sennò che fanno, anche per Totti i soliti cantori delle virtù che occorrono per far parte dell’Olimpo di casa loro non si sono fatti attendere e giù con l’elenco dei carichi pendenti, qualora ce ne fossero. Ma i requisiti che pretendiamo dagli altri noi siamo in grado di garantirli? Certo qualcuno potrebbe obiettare che non ha scelto di essere un esempio nella sua vita e questo pure è giusto e rispettabile. Ma se non l’hai scelto è quasi matematico che non saprai quali sono i requisiti per essere tale o comunque se li conosci non ritieni che possano far parte della tua esistenza per scelta. Allora perché cercarli minuziosamente negli altri spuntando il decalogo del campione con annesse osservazioni aggiuntive per promuoverlo o bocciarlo o al più con riserva concedergli una parziale assoluzione? Perché non fermarsi a quello che una persona è riuscita a dare alla comunità evitando di inscenare pletore che obiettivamente nessuno di noi potrebbe per tanti motivi? E’ evidente che ognuno può decidere l’esempio che maggiormente può avvicinarsi al suo modello di vita ma disquisire sui valori morali degli altri in una epoca dove la morale è utilizzata per fare le pulci al vicino invece di rappresentare uno dei criteri attraverso i quali vivere mi pare utile solo a segnare le presenze. Insomma, c’è sempre qualcuno che fa Spalletti….ops, spallucce!
DI TERESA LETTIERI IL 30/05/2017
