…E LA CHIAMANO ESTATE
Sarà che il periodo estivo inviti a trascorrere il tempo libero all’aperto svelando usi abitualmente circoscritti alle mura domestiche, sarà che incentivi gli spostamenti consentendo anche di trasferire le buone pratiche in altri siti, sarà che suggerisca luoghi che solo in questa stagione possono offrire opportunità di maggiore aggregazione nonchè una considerevole diversità di costumi (non da bagno o comunque non solo), ma gli accadimenti riportati quotidianamente dalle località di villeggiatura, turistiche e/o culturali non fanno che riconfermare l’ondata di maleducazione, quasi eufemistica, che si è sostituita ormai ai tormentoni dei juke-box (ancora esistono?). La primavera ci aveva dato un assaggio di pic-nic sfrenati, e giustamente vietati almeno nei luoghi da tutelare alle invasioni dei turisti domenicali o dei ponti brevi, di visitatori arrampicati su statue diventate giostre, di vacanzieri immersi nelle acque delle fontane monumentali più conosciute scambiate per la vasca da bagno della propria abitazione. Alla denuncia, tuttavia, a parte qualche piccola e sporadica iniziativa locale e a parte il solito dissenso italiano usato come tormentone nelle prime 24-48 ore e puntualmente zittito dallo scorrere degli accadimenti successivi, sembra che non abbia fatto seguito nulla. Cosa, ci potremmo chiedere? Probabilmente, il semplice controllo affidato agli organi di sorveglianza preposti a questa mansione che non rientra affatto nelle attività straordinarie di una città e di una nazione, ma nella normale gestione della sicurezza e della tutela dei posti che viviamo, disattesa ormai da tempo immemore. Leggi e documenti similari sull’argomento pare che abbondino in una legislazione che produce ma stenta ad garantire l’applicazione di ciò che redige meticolosamente su regole, procedure e metodi. Anche l’ultimo decreto Minniti, convertito in legge lo scorso 18 aprile, titolando “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città” elenca una serie di norme in tema di sicurezza integrata, sicurezza urbana, patti per la sicurezza urbana, reti territoriali di volontari e videosorveglianza, maggiori poteri ai sindaci, e via discorrendo che per molti aspetti ricalcano ciò che in fondo dovrebbe essere già materia studiata e digerita senza alcuna deroga da uno Stato che si professa civile. E invece l’ordinario diventa straordinario nonché urgente, tutte parole degne di una istituzione garantista, ormai avvezza a grandi esternazioni e immensi scivoloni sulle regole di base del vivere comune. Per contro, non meno responsabili i cittadini che vivono e trattano la città e più in generale la cosa pubblica, come se non gli appartenesse pur usufruendone. Certo, perché se a casa propria si seguono le ferree regole della pulizia e del rispetto, dalla gestione dell’immondizia all’uso del divano passando per il regolamento condominiale da sciorinare alla prima riunione contro l’inquilino del piano di sopra che sbatte la tovaglia del pranzo in strada, tutto ciò che va oltre il pianerottolo diventa terreno sul quale scaricare quello che veramente si è. E in tempo di vacanze, dove si moltiplicano le attività di divago tutto si trasforma in una immensa pattumiera, in un bordello sotto il cielo, in una taverna di cocchieri. Le spiagge, ad esempio, sono diventate discariche a cielo aperto dove si consuma di tutto senza avere l’accortezza di lasciare pulito, si pratica ormai sesso pur avendo nugoli di bambini intorno armati di palette e secchielli, si esercita il pentathlon sul bagnasciuga ignari dei bagnanti sotterrati dall’arenile, si urlano gli incroci dell’enigmistica partecipando tutto lo stabilimento balneare. Insomma, delle vacanze, nella maggior parte dei casi, è rimasto solo il nome perché contrariamente agli intenti di svago e riposo, è facile incorrere in una discussione accesa come quella accaduta tra il villeggiante sardo, armato di canotta e paglietta, e la turista lombarda che ha scaricato l’olio della scatoletta di tonno in mare insabbiando il contenitore vuoto. O in una lettera di rammarico e protesta dell’amministrazione del Canton Ticino che ha lamentato il comportamento post pic-nic dei vicini abitanti lombardi piombati in Valle Verzasca. O nei ragazzi belgi tuffatisi nel Canal Grande dal ponte diventato trampolino dopo essersi denudati per strada. O ancora nel decalogo del bravo turista affisso obbligatoriamente in tutte le strutture recettive del Salento. Perché non è da vacanza, trovare accanto al benvenuto l’elenco delle cose che un bravo turista deve osservare, è una squalifica, è la coscienza di chi accoglie raccomandandosi affinché il posto non venga sottoposto allo scempio e al degrado che accomuna un po’ tutte le località italiane. E’ l’etichetta di ospiti che vanno educati…ma probabilmente è proprio quello che manca a noi italiani. L’educazione!
DI TERESA LETTIERI IL 27/07/2017
